La fragola (Fragaria vesca) è ampiamente coltivata in Italia sia nelle regioni del Nord sia nel meridione (Campania e Basilicata).
Negli ultimi anni è stata intensificata la sua coltivazione in ambiente confinato, soprattutto sotto tunnel di plastica, con una continua e progressiva specializzazione; il fenomeno ha aggravato i problemi di carattere fitosanitario, grazie anche ad un diffuso e reprensibile atteggiamento del genetista vegetale che continua a privilegiare gli aspetti estetici e commerciali, a discapito della suscettibilità alle avversità crittogamiche e di natura animale che costringe in alcune realtà produttive a scelte fitoiatriche non sempre condivisibili.
Per tali motivi la fragola viene spesso percepita a ragione dal consumatore come un frutto “a rischio di residui”, creando un grave ostacolo per l’acquisizione di ulteriori spazi commerciali.
Lo scenario sopra tratteggiato incoraggia in modo chiaro la coltivazione biologica della fragola, dove, diversamente da quanto avviene nella produzione convenzionale, ancora oggi alle prese con il problema della sostituzione del bromuro di metile impiegato come fumigante in pre-trapianto, il problema della stanchezza del terreno, dei fitofagi e delle crittogame tellurici viene aggirato con un’ampia rotazione, ritornando la fragola sullo stesso terreno ad almeno 4 anni di distanza dalla precedente coltivazione.
In agricoltura biologica rivestono invece un ruolo preminente le scelte di carattere agronomico; infatti, sono state messe a punto tecniche agronomiche che permettono di evitare o di ridurre i problemi derivanti dalla stanchezza del terreno ed incrementare così la coltivazione biologica della fragola.
Nel Cesenate il trapianto delle piantine di fragola frigo-conservate, comunemente effettuato tra la fine di luglio e i primi di agosto, è preceduto da una lunga fase di preparazione.
Il terreno destinato ad ospitare l’impianto viene lavorato ed eventualmente concimato con sostanza organica e/o ammendanti fin dai mesi di settembre e ottobre dell’anno precedente per essere poi seminato con senape e/o alcune leguminose (pratica di sovescio gia spiegato in precedenti post).
Queste ultime giungono a fioritura nella successiva primavera e vengono macinate e interrate con una leggera lavorazione del terreno in maggio-giugno; è noto infatti che alcune brassicacee, tra cui la senape, contengono degli alcaloidi che possono svolgere un’azione tossica nei confronti di alcune crittogame, oltre ad apportare una benefica azione sulla struttura del terreno.
Durante questa operazione e’ indispensabile distribuire sul terreno il P.B. FLADEN seguendo il C.B. in giorni di terra radice verso sera a terreno umido o durante una pioggia.
Successivamente, il terreno viene sistemato in file binate, ricoperte da pacciamatura e pronte ad ospitare le piantine.
Considerando anche l’impegno del terreno, l’intero ciclo di coltivazione biologica dura quindi dai 18 ai 20 mesi, mentre nella produzione convenzionale si va da giugno fino ad aprile-maggio dell’anno successivo. Emerge in modo preciso una delle motivazioni dei diversi costi tra i due tipi di agricoltura.
Il quadro delle avversità della fragola è complesso e si è recentemente arricchito del problema del tripide americano dell’erba medica (Frankliniella occidentalis), che nelle regioni meridionali e in serra attende una definitiva soluzione.
Per la coltivazione della fragola in pieno campo rimane invece aperto il caso della botrite, soprattutto in annate contraddistinte da primavere umide e piovose; quest’ultima avversità è comune anche nella produzione convenzionale, che notoriamente dispone di fungicidi più efficaci, ma che lascino residui indesiderati e pongono la necessità di applicarli in periodi distanti dalla raccolta, con una chiara penalizzazione per la loro efficacia.
Un ottima prevenzione è la copertura con tessuto non tessuto la notte e la scopertura la mattina.
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