Nome scientifico: Plantago erbacea L.
Famiglia: Plantaginaceae
Breve storia e note botaniche sulla pianta
Il nome della famiglia deriva (come in moltissimi altri casi) dal nome del suo genere più importante : Plantago, ed è stato definito dal botanico francese Antoine-Laurent de Jussieu (1748 – 1836) in una sua opera intitolata Genera Plantarum, secundum ordines naturales disposita juxta methodum in Horto Regio Parisiensi exaratam nel 1789.
Dopo l’inserimento dei nuovi generi la famiglia delle Plantaginaceae s’è trasformata in un gruppo molto eterogeneo. Il portamento di queste piante può essere erbaceo, ma anche arbustivo. Il ciclo biologico può essere annuale o perenne. Alcuni generi sono addirittura acquatici.
Le radici possono essere a fittone o secondarie da rizoma o stolonifere.
I fusti sono eretti, prostrati, rampicanti, filiformi ma anche robusti e legnosi alla base.
Vi sono specie con foglie solamente basali, altre con foglie anche caulinari. Quelle basali formano generalmente una rosetta e il picciolo in realtà non è che il prolungamento della nervatura centrale che allungandosi s’inserisce nel fusto. Spesso queste foglie hanno la pagina superiore solcata da vistose venature parallele (parallelinervie). Quelle caulinari sono a disposizione opposta, alterna o spiralata e sempre senza stipole.
Alcuni generi si presentano con infiorescenze a spiga allungata (genere Plantago) o globosa (genere Globularia) , altri a fiori singoli (genere Cymbalaria). I fiori delle infiorescenze a spiga sono riccamente bratteati.
L’impollinazione per queste specie può essere di vari tipi, sia anemogama o anemofila (tramite il vento) che entomofila (tramite insetti). Alcuni generi hanno il gineceo proterogino, ossia gli ovuli maturano prima del polline.
I semi possono essere endospermatici.
La maggioranza delle specie di questa famiglia si trovano nelle zone extra-tropicali (oppure tropicali ma a quote montane). L’habitat vista l’eterogeneità della famiglia non può essere definito univocamente.
Le specie usate nella farmacopea popolare e in erboristeria:
– Plantago psyllium (Psillio)
– Plantago major, ha foglie grandi, larghe ed ampie e più lungamente picciolate
– Plantago lanceolata, molto comune nei luoghi erbosi in pianura, collina e bassa montagna.
La Piantaggine, considerata di origine eurasiatica, è divenuta nel tempo cosmopolita, poiché si è diffusa in tutto il pianeta. Si ritiene che il nome Piantaggine derivi dal latino “planta”, che indica l’impronta del piede, per la forma delle foglie piatte ed allargate di alcune specie della famiglia.
La Plantago lanceolata è detta anche Lanciola, Cinquenervi, Mestolaccio, Lingua di cane, Orecchio di lepre, Arnoglossa (dal greco: lingua di agnello), per la forma e l’aspetto delle foglie, ovali, abbastanza strette ed allungate.
La Piantaggine si identifica agevolmente per il caratteristico portamento delle foglie, solcate da cinque nervature parallele molto evidenti e dotate di una sorta di picciolo, formato dal prolungamento della foglia stessa, riunite in una rosetta basale aderente al terreno, acàule (priva di fusto), dal cui centro spunta lo stelo fiorale alto dai 10 ai 50 cm, che porta la caratteristica infiorescenza a spiga cilindrica terminale, dalla quale sporgono numerosi piccoli fiori dai lunghi stami portanti le antere bianco-giallastre, che conferiscono all’infiorescenza un aspetto piumoso.
L’impollinazione è operata in prevalenza dal vento (anemòfila) e l’epoca della fioritura va da aprile fino a ottobre.
Il frutto è una capsula ovale marrone che, a maturazione, si apre rilasciando uno o due semi bruni di forma ovoidale, molto ricercati dagli uccelli; i semi sono prodotti in grande numero, aumentando la capacità di diffusione di questa specie assai poco esigente.
Infatti, è comunissima nei prati, ai margini delle strade, intorno alle case di campagna, fra i ruderi, nelle vigne, nei pascoli, nei luoghi incolti, lungo le rive di fiumi e torrenti, o come infestante nelle aiuole dei giardini. Vegeta molto bene nei luoghi umidi, ma si adatta altrettanto bene nei terreni siccitosi, è diffusa dalla pianura fino ai 1800-2000 metri di altitudine, e si può trovare pressoché in tutte le stagioni, eccetto i periodi in cui il freddo è molto intenso o c’è la neve, ma già ai primi soli di febbraio possiamo vederla spuntare nei prati più soleggiati.
Le foglie sono spesso brucate dagli animali al pascolo, costituendo parte della composizione del prato polifita permanente. Anche con forte calpestio la pianta sopravvive e si rigenera continuamente, poiché è provvista di un grosso rizoma dal cui colletto spuntano sempre nuove foglioline.
Nei terreni poveri è facilmente coltivabile e si propaga per rizoma.
La specie è dotata di proprietà officinali che la rendono particolarmente ricercata per il mercato erboristico: è oggetto di coltivazione estensiva in Europa, Asia, Africa settentrionale, Etiopia. Questo tipo di coltivazione richiede una preparazione adeguata del terreno (livellamento) che deve essere ben pianeggiante per facilitare il raccolto meccanico affinché la coltivazione sia remunerativa, poiché le foglie sono alte appena 20-25 cm.
Epoca di raccolta: le radici si raccolgono tutto l’anno, le foglie e i semi da maggio a settembre.
Le proprietà medicamentose della Piantaggine erano conosciute anche nell’antichità: numerosi studiosi greci e latini ci hanno tramandato notizie circa il suo utilizzo medicinale, come Dioscoride, che la consigliava per la dissenteria, mentre Plinio la definiva “erba magica” per le sue numerose proprietà curative.
Si può consumare cruda in insalata, scegliendo le foglioline più tenere, oppure lessata come la bietola, o, mescolata alle altre verdure, nei minestroni e le zuppe.
Studi recenti hanno confermato le proprietà officinali attribuite a questa pianta dalle tradizioni popolari.
La Piantaggine contiene glucosidi iridoidi, dei quali il più significativo è l’aucubina, flavonoidi (luteolina), mucillagini, tannini, pectine, acido salicilico, sali minerali, soprattutto zinco e potassio, vitamine A, C, e K.
Le parti della pianta dotate di proprietà officinali sono le foglie, che si raccolgono prima della fioritura da giugno fino ad agosto, quando sono ben sviluppate e ricche di principi attivi.
La Piantaggine ha proprietà benefiche, espettoranti, antibatteriche, antinfiammatorie, astringenti, ed è indicata per le infiammazioni della gola e delle vie respiratorie in genere, come tosse, catarro bronchiale, bronchite cronica, raffreddore da fieno, sinusite, e per le infiammazioni delle mucose della bocca e dell’apparato urogenitale.
Può essere utilizzata sotto forma di infuso o decotto, anche associata ad altre piante balsamiche ed espettoranti come Altea, Malva, Lichene d’Islanda, Eucalipto, Timo, Grindelia, Elicriso, oppure in estratto fluido, o in sciroppo, per calmare la tosse e sciogliere il catarro, e come coadiuvante lenitivo e antinfiammatorio in caso di pertosse e asma bronchiale. Le mucillagini contribuiscono all’azione lenitiva stratificandosi sulle pareti delle mucose bronchiali, proteggendole così da ulteriori aggressioni.
Per uso esterno, la Piantaggine è cicatrizzante, lenitiva, antipruriginosa, anti-arrossante, per cui è indicata in caso di dermatosi, piccole lesioni della pelle, acne rosacea, infiammazioni palpebrali e oculari anche di natura allergica.
Mentre il polline (ma non la pianta) di Plantago lanceolata può essere una frequente causa di riniti allergiche, le foglie fresche hanno proprietà antiallergiche, dovute all’azione antistaminica dell’aucubina; esse sono utili in caso di punture d’insetti, applicate localmente tramite bendaggio, tritate dopo un accurato lavaggio in acqua bollita, o frizionate energicamente sulla puntura, per lenire l’infiammazione, il gonfiore, il prurito e il bruciore. Per il suo alto contenuto in mucillagini, la Plantago lanceolata può essere utilizzata anche in campo cosmetico, come ingrediente di creme idratanti specifiche per pelli secche e disidratate. La piantaggine è considerata una pianta sicura e priva di controindicazioni, adatta anche ai bambini.
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