Perché ci si ammazza di fatica nei campi di pomodori?
Lettera redatta dal dott. Fabio Brescacin amministratore di ecornaturasi
Oggi tutti si scandalizzano nell’apprendere la situazione di lavoro nei campi di pomodori in Puglia, ma è bene che la realtà dell’agricoltura emerga e si squarci quel velo d’incoscienza che separa chi si nutre dei frutti della Terra, cioè tutti noi, e chi ha il compito di produrli.
Ognuno di noi ha l’obbligo di saperlo: la realtà dell’agricoltura, esclusa qualche piccola eccezione, è drammatica, e non solo nei campi di pomodori.
Le campagne sono avvelenate dalla chimica, le sementi sono in mano a poche multinazionali, il paesaggio agrario è distrutto, i terreni sono sempre più impoveriti e resi sterili dalla monocoltura, gli animali sono considerati solo macchine da produzione e le aziende, spesso indebitate, sono fonte di immane sofferenza per le persone che le gestiscono.
Perché tutto questo? Per due motivi.
Primo: la perdita di una cultura agricola che è sempre stata la base della nostra civiltà.
La nobiltà e la complessità del lavoro agricolo, il suo essere inserito nel ritmo delle stagioni, la cura e la comprensione del suolo come essere vivente, la cura del mondo vegetale nelle sue diverse qualità di Vita e quella dell’animale con la sua sensibilità, il rispetto e la dignità del lavoro, sono stati sostituiti da un pensare materialista falsamente scientifico che concepisce un’azienda agricola semplicemente come una realtà produttiva, con le logiche della produzione industriale, senza tener conto che fare agricoltura significa operare con le forze e le leggi della Vita e non con le semplici leggi della materia inanimata. Questo ha portato a una mentalità che ha privato gli agricoltori di una vera conoscenza e di una vera motivazione che andasse oltre le logiche della sola tecnica e del solo profitto. Il che, in primis, ha privato le campagne di persone motivate e consapevoli, al punto che oggi noi occidentali spesso non sappiamo più lavorare in campagna e dobbiamo avvalerci di persone che un rapporto con la Terra e gli animali lo portano ancora in sé come forza e tradizione ancestrale.
Secondo: abbiamo assistito negli ultimi anni a un enorme pressione al ribasso dei prezzi agricoli.
I commercianti fanno la guerra dei prezzi, cercando di conquistarsi consumatori inconsapevolmente loro complici, con tagli di prezzo di vendita che creano una pressione esasperata, che ha inesorabili ricadute sul
prezzo d’acquisto del latte, dei cereali, degli ortaggi e della frutta. Oggi in campagna un kg di grano convenzionale è pagato circa 20 centesimi (con esso si produce un chilo abbondante di pane), un litro di latte circa 35 centesimi, un kg di pomodori 8 centesimi.
Con questi prezzi, utilizzare tutti i mezzi possibili per sopravvivere, compresi concimi, veleni, sementi OGM e manodopera a basso prezzo può non essere cinismo, ma necessità di sopravvivenza.
La conclusione è che della situazione che sta emergendo ora, ed è bene che emerga, il responsabile non è solo il contadino che usa i braccianti in nero a basso costo e che non è in grado, culturalmente, di fare il salto verso un’agricoltura diversa, o il caporale che se ne approfitta, o i commercianti senza scrupoli, o le multinazionali della chimica, o le facoltà agricole delle università: siamo tutti noi che abbiamo aperto le porte, inconsapevolmente, a un pensare morto e che partecipiamo a un sistema economico che alimentiamo continuamente con le nostre scelte che non si chiedono cosa stia dietro un prodotto e dietro il suo prezzo.
Nel 1922, in un corso agli economisti, Rudolf Steiner, al quale dobbiamo il primo impulso per un’agricoltura che oggi definiamo ecologica e un approccio a un pensare vivente nei confronti della Natura e del Cosmo, esordiva evidenziando come il prezzo fosse l’elemento fondamentale di una sana economia.
Dobbiamo lavorare intensamente e consapevolmente alla definizione, al rispetto e alla responsabilità verso il GIUSTO PREZZO.
Dobbiamo essere consapevoli che sono fonte di malattia economica e sociale sia un prezzo alto, che alimenta l’egoismo del produttore, sia un prezzo basso che alimenta l’egoismo del consumatore.
In ultima analisi, dobbiamo prendere coscienza che è ogni singolo individuo, con le sue quotidiane scelte di acquisto, il vero elemento propulsore dell’economia.
Solo un consumatore consapevole, che s’informa e pretende di sapere, eviterà l’avvelenamento della Terra, la distruzione dei suoli e del paesaggio agrario, l’avvento degli OGM, la degradazione degli animali e la morte di fatica nelle campagne.
Solo consumatori consapevoli potranno sostenere il salto culturale di agricoltori ancora vittime di una tecnica e di un’economia ecologicamente e socialmente aberrante e velenosa,.
Dobbiamo diventare tutti partecipi di un nuovo rinascimento agricolo, attraverso un’ampliata conoscenza, l’amore per la Terra e per la Natura e
una nuova coscienza economica, che intende pagare a tutti un giusto
prezzo per un giusto prodotto.
Chi tra noi ha accettato, o peggio ancora richiesto, un prezzo basso, senza conoscerne i dettagli e le conseguenze, deve sentirsi colpevole se le persone muoiono nei campi raccogliendogli i pomodori. Ognuno di noi può e deve essere partecipe della creazione, attraverso una rinnovata agricoltura, di una nuova Natura e di una nuova Vita sociale che stanno già germogliando in molte realtà agricole e commerciali, partendo dalla consapevolezza del GIUSTO PREZZO.
Il compito oggi è sempre più quello di promuovere e sostenere realtà agricole che creino nuovi organismi naturali e sociali.
Anche noi di EcorNaturaSì vogliamo dare il nostro contributo per essere partecipi di questo nuovo Rinascimento che, dalla Terra, irradierà inesorabilmente in ogni altra realtà economica e culturale e dal quale partirà il vero rinascimento di tutta la nostra civiltà.
Fabio Brescacin
P.S. In realtà, proprio in Puglia, esiste un “sano” bracciantato. Ci sono squadre bravissime di persone specializzate in agricoltura che possono essere assunte regolarmente dalle aziende a cui offrono il contributo di una manualità agricola e di una competenza ormai rare da trovare. Affinché queste persone possano essere dignitosamente retribuite, i prezzi dei prodotti agricoli devono essere adeguati.
Come EcorNaturaSì, noi reputiamo che per i prodotti della nostra filiera un chilo di grano tenero biologico non possa essere pagato agli agricoltori sotto i 40 centesimi; un chilo di pomodoro bio da salsa raccolto a macchina, non possa andare sotto i 25 centesimi e un litro di latte bio debba essere pagato alla stalla almeno 70 centesimi. Dovremmo impegnarci insieme e creare una consapevolezza che possa permettere di portare questi prezzi anche ben oltre l’attuale livello.
Pochi centesimi alla produzione rappresentano la vita o la morte di un’azienda e la possibilità o meno di investire per il futuro, incidendo ben poco sul prezzo finale del prodotto.
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