Qual è il peperoncino più piccante?
Quando Cristoforo Colombo scoprì l’America, non solo non si rese conto di avere raggiunto un nuovo continente ma ancor meno poté immaginare che la scoperta di alcune
specie vegetali avrebbe così profondamente interagito con gli usi ed i costumi dei popoli del Vecchio Continente.
Bisogna infatti ricordare che nell’ambito della famiglia delle solanacee, di cui fa parte il peperoncino, si trovano anche il pomodoro, la melanzana, la patata e il tabacco.
In realtà le origini del genere Capsicum (dal latino “capsa” = scatola, per la forma dei frutti) si fanno risalire ad un’epoca abbastanza remota: pare che il peperoncino sia apparso per la prima volta circa 9-10000 anni fa nel Messico centro-meridionale e di lì si sia diffuso in America centrale e nella parte settentrionale dell’America del Sud.
I nativi americani utilizzavano il peperoncino raccolto da piante selvatiche già nel 5000 A.C. e sembra che la sua coltivazione fosse praticata già a partire dal 3500 A.C.
Cristoforo Colombo portò in Europa alcuni esemplari di peperoncino al ritorno da un suo viaggio intorno al 1493, e li chiamò “pimentos” in quanto riteneva che, per la loro piccantezza, potessero essere un sostituto del pepe (pimiento in spagnolo), spezia allora assai costosa e di difficile coltivazione.
All’epoca della sua scoperta, il peperoncino si era già differenziato in circa una dozzina di varietà che venivano coltivate dagli Atzechi per usi alimentari, medicamentosi e rituali.
In Europa l’accoglienza delle nuove specie vegetali fu abbastanza tiepida in quanto si riteneva che i frutti della famiglia delle solanacee fossero nocivi alla salute, ed in effetti parecchi lo sono, e pertanto queste nuove piante vennero impiegate per anni esclusivamente a scopo ornamentale.
Solamente verso la metà del 1600 i cuochi europei iniziarono ad utilizzare in cucina patate, pomodori o melanzane, ma con molta cautela.
Il peperoncino, al contrario, iniziò a diffondersi in Spagna e Portogallo già a poche decine di anni dalla sua scoperta e si propagò ben presto ai paesi costieri del Mediterraneo, portato da commercianti o marinai.
Dal Mediterraneo, grazie alle grandi crociere esplorative di quel periodo, il peperoncino si diffuse dapprima in Africa meridionale e successivamente in India ed in estremo oriente entrando rapidamente a far parte integrante delle varie culture gastronomiche di questi Paesi.
Per un curioso paradosso molte varietà che si erano nel frattempo differenziate in Europa furono reimportate in America durante la colonizzazione del continente da parte di francesi, inglesi, portoghesi e spagnoli, dando origine ad abitudini culinarie “fusion”, si pensi ad esempio alla cucina creola-cajun, o a quella tex-ex o al largo uso del peperoncino nella cucina centro e sudamericana.
Ai nostri gioni sono conosciute circa 26 specie di peperoncino ma le uniche ad essere coltivate per uso alimentare o industriale sono 5:
- Capsicum annuum (ad esempio “Jalapeno”, “Caienna”),
- Capsicum frutescens (ad esempio “Tabasco”),
- Capsicum chinensis (ad esempio “Habanero”),
- Capsicum baccatum (ad esempio “Cappello del Vescovo”, “Bishop Crown”)
- Capsicum pubescens (ad esempio “Rocoto”)
Notizie botaniche sul peperoncino
I peperoncini sono originari di ambienti equatoriali o tropicali, in queste condizioni sono arbusti perenni di dimensioni variabili da 30 – 40 cm a circa 2 m e possono vivere alcune decine di anni.
Nei climi europei, in cui la stagione calda ha una durata limitata, le varietà utilizzate sono coltivate come piante annuali, dal momento che le solanacee del genere Capsicum non tollerano temperature inferiori ai 7 °C ed hanno uno sviluppo ottimale con una temperatura compresa tra i 21 e i 28 °C e con una notevole umidità atmosferica.
Le varie specie possono impollinarsi reciprocamente dando origine ad ibridi vitali, ad eccezione del “Rocoto” (Capsicum pubescens) che non può essere impollinato che da altri della stessa specie del “Rocoto”.
Il tempo di maturazione dei frutti è abbastanza variabile, da un minimo di circa 50-60 giorni per Capsicum annuum (ad esempio “Greco Dolce”) ad un massimo di 100-120 giorni per Capsicum chinensis (ad esempio “Habanero”, “Cappello Turco”).
Il frutto dei peperoncini è una bacca che può svilupparsi nelle dimensioni, forme e colori più vari. Le dimensioni possono variare da quelle giganti di un peperone quadrato a quelle minime di un “chiltepin“, simile ad un piccolo pisello.
Le forme sono tra le più fantasiose del regno vegetale, a pisello, a ciliegia, a lampioncino, a berretto turco, a sigaro, a cono appuntito o tronco, a disco volante, lisci o grinzosi, diritti o incurvati.
I colori sono anch’essi variabili, molte varietà maturano da un verde più o meno intenso al rosso o al giallo o all’ arancio o al marrone, ma vi sono cicli di maturazione che partono da un colore bianco per arrivare al rosso scuro passando attraverso il viola e l’arancio.
Le varietà più policrome, pur essendo commestibili, vengono abitualmente coltivate a scopo ornamentale.
All’interno dei frutti vi sono nervature dette placenta su cui si sviluppano i semi solitamente di colore bianco o avorio. Diversamente da tutti gli altri il Capsicum pubescens ha semi di colore nero.
La piccantezza del peperoncino
La sostanza chimica che determina la sensazione definita “piccante” è costituita da una miscela di vari alcaloidi (capsicina e suoi derivati: diidrocapsicina, nordiidrocapsicina,omocapsicina) inodori ed insapori, quasi insolubili in acqua e molto solubili nei grassi.
Questo gruppo di sostanze stimola selettivamente i recettori dolorifici della lingua e delle mucose e produce vasodilatazione dei capillari superficiali. E’ curioso notare che questo effetto si manifesta esclusivamente nei mammiferi e non, ad esempio, negli uccelli.
Nel 1912 il chimico statunitense Wilbur Scoville sviluppò un metodo per misurare il grado di piccantezza dei peperoncini (da allora definito “Test Organolettico di Scoville”), basato sulla diluizione in acqua zuccherata di un omogeneizzato ricavato dal peperoncino in esame.
La misurazione del livello di piccante viene espressa in SU (Scoville Units) che indicano il rapporto di diluizione necessario a rendere impercettibile al gusto la sensazione piccante.
In base ai risultati del test è stato attribuito, in linea di massima, ad ogni peperoncino un livello di piccantezza:
• 0-150 SU: peperoni o peperoncini dolci;
• 150-1.000 SU: peperoncini “New Mexico”;
• 1.000-2.000 SU: peperoncini “Ancho” o Pasilla”;
• 2.000-2.500 SU: peperoncini “Aji cristal”, Cascabel
• 2.500-5.000 SU: peperoncini “Jalapeno”;
• 5.000-15.000 SU: peperoncini “Serrano”;
• 15.000-50.000 SU: peperoncini “De Arbol”, “Cayenna”, “Tabasco”;
• 50.000-100.000 SU: peperoncini Chiltepin”, Pili-Pili”;
• 100.000-300.000 SU: peperoncini “Scotch bonnet”, “Thai Cayenna”;
• 350.000 SU: peperoncino “Habanero Red Savin”;
• 14.000.000 SU: la capsicina pura sotto forma di oleoresina.
Per fare un esempio 1 cc di “Habanero” ridotto in pasta dà ancora una sensazione piccante dopo essere stato diluito in 300.000 cc di acqua.
Questa scala è abbastanza approssimativa in quanto dipende in larga misura dalla sensibilità dell’assaggiatore, ma serve a dare un’ idea generale di cosa ci si può aspettare da un particolare peperoncino, anche in base alle sue prospettive di utilizzo.
La grande variabilità delle Unità Scoville di uno stesso tipo di peperoncino dipende anche da svariati fattori colturali e ambientali: temperatura, umidità, caratteristiche del terreno o momento di raccolta dei frutti influenzano moltissimo la piccantezza.
Richiedi maggiori informazioni!
« Corineo drupacee: trattamenti e cure biodinamiche Coltivare il peperone con il metodo biodinamico »