L’impiego della resistenza è il metodo più sicuro ed economico contro le malattie delle piante.
Fonti di resistenza: applicata in modo sistematico e scientifico nell’ambito di varietà comunemente coltivate, la selezione ha consentito di ottenere linee di svariate specie agrarie con un buon livello di resistenza verso alcune malattie (tracheofusariosi del pomodoro, del lino).
La scoperta della natura genetica e dell’eredità mendeliana della resistenza ha dato nuovo impulso all’introduzione di resistenze mediante ibridazione tra varietà coltivate e specie selvatiche affini che erano resistenti in natura.
La pressione esercitata dal patogeno è necessaria non solo per la selezione, ma anche per il mantenimento della stessa resistenza.
La durata dell’interazione necessaria per la selezione di popolazioni di piante resistenti in natura è molto variabile anche in funzione del tipo di gamia delle piante.
Il persistente utilizzo di ditiocarbammati nel corso della selezione per il miglioramento genetico del garofano (ad esempio) in Italia ha impedito il mantenimento di caratteri di resistenza all’Eterosporium.
Con le moderne tecniche di selezione dei geni di resistenza disponibili si sono ridotti i tempi lunghi che lunghi della selezione naturale.
Per ottenere caratteri di resistenza naturalmente non presenti si può fare ricorso a trattamenti mutageni applicati a piante intere, oppure ai soli organi di moltiplicazione, o meglio ancora al polline o a varianti monoclinali prodotti nel corso della coltura in vitro (callicloni, somacloni, protocloni).
Tipi di resistenza genetica : la resistenza dipende da un notevole numero di sistemi genetici di varia complessità.
Può essere determinata a livello di nucleo o di citoplasma , può essere dominante o recessiva, può dipendere dall’interazione con altri geni (epistatici, inibitori, oligogeniche). Alcune resistenze dipendono da uno o pochi alleli (resistenze mono oligogenetiche), altre da un complesso di fattori e si comportano come caratteri quantitativi (resistenze polifattoriali).
Le resistenze oligogenetiche risultano efficaci perché non facilmente influenzabili da fattori ambientali, ma di contro sono poco durevoli; nella maggior parte dei casi i geni di resistenza esercitano sul parassita una pressione di selezione che in tempi brevi determina la comparsa di nuove razze fisiologiche (caso verificatosi per la peronospora della patata).
> Lotta biologica: mezzi biologici di lotta contro le malattie delle piante
Le resistenze mono e oligogenetiche sono dette verticali mentre quelle poligeniche sono dette orizzontali.
Queste ultime sono caratterizzate da assenza di reazioni differenziali (come ad esempio la presenza o assenza di RI) tra genotipi dell’ospite e genotipi del parassita, presentano livelli bassi di efficacia ma hanno validità generale verso tutte le razze di un determinato patogeno e sono pertanto stabili.
Purtroppo con l’aumentare dei geni di resistenza diminuisce il loro apporto specifico e le interazioni differenziali finiscono con l’essere mascherate.
La resistenza parziale dell’orzo verso Pucchina Hordei è dovuto alla riduzioni della frequenza di infezione, del lungo periodo di incubazione e del numero di spore prodotte. Tra tutti questi fattori solamente il periodo di incubazione funge da carattere discriminante della virulenza delle razze.
Metodi di selezione e trasferimento delle resistenze alle malattie
La selezione di fenotipi di piante resistenti richiede di mettere a punto metodi di inoculazione.
Questa è un’operazione molto delicata soprattutto quando le resistenze da vagliare sono quelle di tipo orizzontale (cioè quantitativo) perché l’esito delle inoculazioni è fortemente influenzato dall’entità dell’inoculo e dal grado di recettività e predisposizione delle piante.
Un altro metodo è quello di applicare le tossine direttamente su popolazioni di piante o colture di cellule o tessuti con il risultato che talvolta la resistenza selezionata a livello cellulare non viene espressa nell’intera pianta.
Il metodo più convenzionale di trasferimento di geni per la costituzione di cultivar resistenti consiste nell’incrocio.
Forme di impiego della resistenza genetica
CULTIVAR RESISTENTI rappresentano la forma più comune di utilizzazione delle resistenze genetiche verso funghi, batteri e virus che ovviano al problema degli enormi costi che comportano pratiche quali utilizzo di antivirali o disinfezione del terreno.
IBRIDI RESISTENTI DI PRIMA GENERAZIONE legati a geni dominanti facilmente esprimibili in eterozigoti di prima generazione (F1); sono molto utilizzati in orticoltura e nel settore cementiero.
MULTILINEE cioè miscele di linee agronomicamente simili ma differenti nei geni di resistenza verticale di cui sono portatrici (isolinee).
Le multilinee sono ottenibili introducendo separatamente in un’unica varietà diversi geni di resistenza.
Ne è un esempio una cultivar multilinea di grano impiegato in Olanda contro la ruggine gialla che contiene in ugual misura 5 isolinee costituite per incrocio di una cultivar con alte prestazioni agronomiche con altrettante cultivar dotate di distinti geni di resistenza.
Ciascun ibrido è stato quindi reincrociato e selezionato per più generazioni fino ad ottenere le 5 linee fenotipicamente simili tra loro ed alla cultivar di partenza ma portatrici di geni diversi.
Per ora l’impiego delle multilinee è limitato ai cereali.
VARIETA’ COMPOSTE sono incroci in tutte le possibili combinazioni di varietà di specie allogame con diversi geni di resistenza successivamente coltivati come popolazione mista.
PORTAINNESTI RESISTENTI ai parassiti adottati da tempo nelle specie legnose (nella vite contro la fillossera, negli agrumi contro PHYTOPHTORA, nei frutteti contro i marciumi radicali).
Ci si può avvalere di questa tecnica contro malattie che interessano il pomodoro in serra o la melanzana, cetriolo, melone.
Resistenza indotta
La predisposizione è la misura della variazione di resistenza determinata da fattori esterni ed è possibile modificarla e indurre resistenza alle malattie agendo quindi sulla temperatura, umidità, nutrizione, organismi e virus associati (ecc..).
Con metodi fisici e chimici questo tipo di lotta è adottato frequentemente (ne sono esempi l’indurimento delle piante tramite ridotto apporto idrico, abbassamento della temperatura o la riduzione degli apporti di azoto…; per esempio la somministrazione di sali di calcio favorisce la costituzione di composti peptici particolarmente resistenti all’azione degli enzimi dei parassiti; ecc..).
Con mezzi biologici: metodo che si basa sul fatto che le infezioni in una determinata parte della pianta sono seguite da acquisizioni di resistenza in parti limitrofe o anche a distanza; in questo senso si è cercato di affinare tecniche di immunizzazione o premunizione delle piante con l’impiego di ceppi non virulenti di patogeni.
Si è scoperto inoltre che alcune specie si prestano più facilmente di altre ad essere immunizzate (come il tabacco e le cucurbitacee).
I pericoli di questa pratica sono:
- la possibile azione sinergica del ceppo leve con altre specie virali che infettassero la coltura successivamente
- la diffusione di eventuali mutanti gravi del ceppo virale lieve
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